Nel panorama dell'architettura del dopoguerra, la tendenza verso un linguaggio internazionale innesca un processo di omologazione, che si concretizza nella fulminea diffusione del new brutalism e del curtain wall attraverso paesi e continenti. L'architettura italiana, pur risentendo di questo travolgente fenomeno e delle mode che ne derivano, conserva tuttavia propri, originali caratteri nazionali. Il ripudio dei modernismi autarchici dell'anteguerra è netto, ma non apre la strada all'importazione dei modelli preconfezionati all'estero. Succede che all'esigenza di un radicale rinnovamento espressivo si contrapponga un'ineluttabile continuità nelle pratiche: della progettazione e, soprattutto, della costruzione artigianale (dato il rinvio di prefabbricazione e industrializzazione). Da questa tensione deriva una nuova stagione di sperimentazione, che si svolge sul campo, opera dopo opera. Nascono così i realismi, gli storicismi, gli espressionismi, per cui i modernismi della ricostruzione e del miracolo economico continuano a distinguersi dall'International Style. Su episodi di tale sperimentazione vertono gli studi raccolti in questo libro; privilegiando, come sempre in questa collana, l'opera costruita.